Il nuovo anno all’insegna del sorriso di Muhammad

di Luigi Mariano Guzzo

            Iniziamo il nuovo anno nel ricordo di un sorriso. È il sorriso di Muhammad Ouassir, 74 anni, originario del Marocco. Lo vediamo ancora lì, all’incrocio di via Carlo V, quasi rassicurante sentinella, per noi, di un ordine sociale che è difficile scardinare, in un mondo in cui i poveri e gli ultimi stanno sempre ai margini, all’angolo (proprio come lui), delle nostre società “civili”, quelle del progresso. Ed è in questa nostra società civile, progredita, in un’età detta “dei diritti”, che il corpo di Muhammad viene trovato senza a vita nella sua abitazione. Probabilmente, la morte per cause naturali è da farsi risalire a tre giorni prima. Ora più ora meno, intorno al 24 dicembre, quando nelle nostre case ci stavamo preparando a consumare l’abbondante cenone della Vigilia di Natale. È scomparso nell’indifferenza generale, Muhammad, squarciando il velo dell’ipocrisia che soverchia il nostro patto sociale. Nelle stesse ore che, paradossalmente, celebravamo la venuta al mondo di Cristo, uno dei tanti cristi della storia, che circondano le nostre periferie, reietti e dimenticati da tutti, andava via, solo, da questo mondo. E noi non ce ne accorgevamo. Troppo intenti, probabilmente, a guardare i nostri presepi, dimenticando che il Natale è carne viva, che geme e che soffre, che attende liberazione e salvezza. Muhammad, fratello musulmano, ci fa entrare pienamente nel mistero del tempo Natale, che stiamo ancora vivendo.

            Attenzione a parlare di Muhammad come di un invisibile. Definendolo tale non facciamo altro che alleggerirci il peso sulla coscienza. Invece, Muhammad lo vedevamo, eccome. Sempre lì, al “suo” posto. No, non era invisibile, Muhammad. Siamo noi che abbiamo chiuso volontariamente gli occhi, e ci siamo girati dall’altra parte. 

            È rimasto vittima Muhammad della “globalizzazione dell’indifferenza”, tante volte denunciata da Papa Francesco. Pare che da tempo Muhammad non fosse in perfetta forma fisica. L’imam di Catanzaro ha raccontato che, pochi giorni prima della scomparsa, si era recato “nelle abitazioni di alcuni musulmani per salutarli, chiedendo loro perdono qualora avesse involontariamente fatto un torto”. Si stava preparando ad una morte che percepiva vicina. Muhammad, in questa sua eredità, ci dice non soltanto come si vive, ma anche come si muore. Consegna a tutti noi l’insegnamento di che cosa voglia dire lasciare questo mondo da uomini giusti. Lo insegna pure il Corano, sui cui versi i suoi occhi hanno poggiato l’ultimo sguardo.

            Eppure, c’è una domanda che si impone sulle coscienze: come mai Muhammad non si è recato in ospedale nei giorni che avvertiva un declino delle forze? Probabilmente, conosceva fin troppo bene questa nostra società “civile”, dove il diritto alla salute – costituzionalmente garantito a tutti – è nei fatti appannaggio di chi ha i soldi per permetterselo. Negli ultimi decenni, abbiamo smantellato, una per una, le tutele dello Stato sociale, attratti da un modello liberista, che nei fatti sottopone l’attuazione dei diritti fondamentali alle esigenze delle economie di mercato. Un’economia che uccide, ricorda sempre Papa Francesco … ed ha ucciso pure Muhammad.

            E allora che il sorriso di Muhammad ci aiuti davvero, in questo nuovo anno, a realizzare i propositi di giustizi, di pace e di eguaglianza. A cominciare dall’avviare, finalmente, le necessarie pratiche per realizzare, nel nostro cimitero comunale, uno spazio destinato alle sorelle e ai fratelli musulmani. La comunità islamica di Catanzaro conta oltre 3 mila fedeli, ed è in espansione. La civiltà e il progresso di una società si misurano anche dalla sua capacità di accoglienza, nella vita come nella morte. Ricordare ciò significa dare un significato al sorriso di Muhammad. 

Il Quotidiano del Sud, 2 gennaio 2020

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