di Luigi Mariano Guzzo
Don Fernando Russo è il prete che non si inchina. Domenica ha abbandonato la tradizionale processione della Madonna del Rosario, in una piccola frazione, Livardi, di un comune in provincia di Napoli di poco più di tre mila anime, San Paolo Bel Sito. A Don Fernando, che di questa comunità è parroco, non è andata giù la sosta “forzata” dai portantini della statua della Vergine dinnanzi alla casa di un noto camorrista della zona. Da qui a lasciare immediatamente il corteo da lui stesso presieduto, il passo è stato davvero breve. E’ questa l’istantanea (bella) di una Chiesa che non intende piegarsi alle perverse logiche della criminalità organizzata.
Non è don Fernando un “professionista” dell’anti- mafia, non lo è mai stato in realtà. E’ un prete, semplicemente un prete, niente più che un prete, consapevole che il ministero sacerdotale non può essere connivente alle forme e alle pratiche di un potere mafioso che opprime le nostre terre. Sembra di seguire il filo rosso dell’insegnamento di don Pino Puglisi (assassinato a Brancaccio, Palermo, il 15 settembre 1993) e di don Peppino Diana (ucciso a Casal di Principe il 19 marzo 1994): due parroci che hanno testimoniato con la vita un Vangelo “scomodo” che non ammette compromessi.
Don Fernando avrebbe potuto fare finta di niente e, a testa bassa, distrattamente, continuare a sgranare il rosario. Ma, per fortuna, don Fernando non è un curato alla don Abbondio. Sa bene, anzi, che la responsabilità di un gregge è la responsabilità di un modello da proporre, con l’impegno del coraggio e della voglia di cambiare. E soprattutto con la fede autentica in nuovi cieli e terra nuova. Certo, sarà albeggiato in don Fernando il senso di frustrazione di una comunità che ancora, in alcune pratiche della pietà popolare, è intrisa di un devozionalismo del tutto antitetico all’annuncio evangelico della Resurrezione. Ma il comportamento di questo sacerdote è stato senza dubbio di aiuto a molti per capire che la strada del male nulla –proprio nulla- ha a che vedere con la strada del bene.
Il vescovo della diocesi di Nola Beniamino Depalma in una lettera così si è rivolto a don Fernando: “nell’ascoltare il tuo racconto ho percepito il dolore che in quanto pastore di quella comunità hai provato nel vedere il tuo gregge procedere come se non avesse una guida: un dolore acuto il tuo , derivante dalla consapevolezza che ignorando la tua presenza, ignorando le tue scelte pastorali, quel gregge ha ignorato Colui al quale, in quanto sacerdote, la tua persona rimanda: Gesù Cristo nostro Signore”. Ed ha continuato: “Per questo comprendo e appoggio la tua scelta di abbandonare la processione… la doverosa disponibilità pastorale, in merito alla pietà popolare, non può infatti tradursi in pigra e interessata connivenza”.
La bellezza che la camorra da quelle terre ha sradicato ce l’ha riconsegnata domenica don Fernando. E’ la bellezza di un prete. Un prete che non si inchina.