Quando la processione diventa un bene immateriale De.C.O.

di Luigi Mariano Guzzo

Il comune di Sersale, in provincia di Catanzaro, ha assegnato il marchio di Denominazione Comunale d’Origine (De. C.O.) alla processione dell’8 e 21 marzo ed al culto della Madonna del Carmine. L’iniziativa è volta a tutelare quel bagaglio di patrimonio culturale e storico che la tradizionale processione porta con sé. Con il marchio De. C.O. l’ente comune, in virtù dei principi del decentramento amministrativo, ha la facoltà di valorizzare le tradizioni del centro urbano; in effetti, il regolamento dell’assegnazione della De.C.O. è stato approvato con deliberazione del Consiglio comunale di Sersale n. 7 del 22/02/2013 ed è “forse l’unico in Italia” -fa notare l’edizione del 28 febbraio scorso di “Gazzetta del Sud”- che “prevede l’assegnazione del marchio non solo ai prodotti dell’enogastronomia  e dell’artigianato, ma anche alle attività immateriali”. La processione così è stata considerata un “bene” da valorizzare e da presentare all’esterno come espressione tipica, unica ed irripetibile della religiosità di quel dato contesto culturale.

La deliberazione comunale risulta importante per almeno due ordini di motivi.

(1) Prima di tutto, per chi indaga nei rapporti tra poteri pubblici e fattore religioso, perché propone una diversa “strada”, al momento inedita, di valorizzazione, in via sussidiaria del patrimonio culturale e religioso di una data comunità civile.

(2) In secondo luogo, nell’ambito più strettamente del diritto canonico, induce ad una più ampia riflessione sui beni ecclesiastici.

In effetti, per quel che riguarda quest’ultimo aspetto, in dottrina (Ghirlanda) i beni temporali sono oggetto di diritto e hanno una apprezzabilità valutabile di carattere temporale; essi possono essere “corporei o materiali” oppure “incorporei o immateriali”. Tra i beni materiali sono, poi, ricompresi i beni ecclesiali culturali, quelli cioè che attengono al valoro storico e artistico in relazione al culto e alla manifestazione della fede.Tant’è che il can. 1283 del Codex del 1983, relativo all’amministrazione dei beni, nel disporre che gli amministratori, prima di iniziare il loro incarico, redigano “dettagliato inventario” da sottoscrivere, fa menzione di beni immobili, di beni mobili e di “altre cose”. Fra i beni mobili, a norma della disposizione, rientrano i beni culturali, i quali sono  evidentemente beni temporali “materiali”. La deliberazione del comune di Sersale porta, invece, a riflettere sulla possibilità di estendere la categoria della “culturalità” dei beni anche a beni immateriali; ossia la possibilità di parlare di beni immateriali (le tradizioni religiose) che hanno un particolare valore storico, nonché culturale, per quella data comunità, e quindi di beni immateriali culturali. E questo non può che portare ad una maggiore valorizzazione dei beni culturali pure nell’ambito dell’ordinamento canonico. Gli amministratori di beni così potrebbero nell’inventario tenere conto anche delle tradizioni religiose che si vivono all’interno di una istituzione ecclesiastica. E che rappresentano, per davvero, una ricchezza.

madonna del carmelo

 

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